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Fra le opere più interessanti conservate nella Galleria Rizzi, la tavola venne pubblicata da Mina Gregori (1953) con l'attribuzione al pittore emiliano Lelio Orsi. L'assegnazione all'artista risulta concordemente accettata dalla critica successiva fino al 1987, quando il Frisoni lo riferì a un seguace o collaboratore dell'Orsi. La composizione della tavola appare una chiara derivazione da tipologie figurative correggesche, costante fonte di riferimento per il pittore... quest'opera [è] contraddistinta da un ductus nervoso e incisivo che conferisce ai volti dei personaggi una vigorosa espressività quasi caricaturale. Questi elementi permettono di ipotizzare l'intervento di una mano diversa, probabilmente quella di uno stretto collaboratore dell'Orsi, che unisce alla propria matrice culturale una forte suggestione della pittura fiamminga. [G.Z.] |
... il Calvart, proprio a partire dal nono decennio del Seicento, mise a punto un linguaggio pittorico connotato da una tale gradevolezza di fisionomie, gestualità e qualità coloristiche da risultare graditissimo e devozionalmente compunto. Lo schema compositivo ... viene impreziosito da una materia cromatica squillante e stesa a corpo poi ammorbidita e illuminata di evanescenze, che conserva, non assorbita dal supporto di rame, l'originaria saturazione dei toni. [D.S] |
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Girolamo Doria si fece immortalare in questo dipinto con atteggiamento rilassato e colloquiale e con abbigliamento non cerimoniale, si badi in particolare al basco di pelliccia e alla zimarra fiorita, utilizzata come veste da camera, fatto che induce ad ipotizzare che la tela sia stata eseguita per essere esposta in una stanza privata e sia stata realizzata probabilmente in occasione della nozze, infatti presso il museo Rizzi è conservata la tela pendant che raffigura Anna Maria Pallavicini Doria ritratta con analoghi atteggiamenti e abbigliamento, in particolare i capelli sono disciolti. |
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Le due tele appartengono perfettamente al filone dei “soggetti appetitosi” dettato dalla moda del tempo che imponeva di appendere alle pareti delle sale da pranzo dei palazzi nobiliari tali soggetti; Boselli li eseguiva, osservando le nature morte della scuola lombarda e fiamminga, per arredare le case nobiliari del Piacentino e del Parmense. |
Pietro Maria Canevari, figlio del doge Domenico, nacque nel 1725 e cadde alla Scoffera nel 1747, guidando gli insorti contro gli austriaci: tale episodio è rappresentato nel dipinto in secondo piano a destra ed è indicato, con singolare effetto di irrealtà, dallo stesso Canevari, ritratto postumo con finalità celebrative. Il protagonista è infatti colto in aulica posa e con vesti ufficiali, mentre impugna il bastone del comando e viene incoronato dalle fronde dell'albero posto alle sue spalle; solo nel volto ceruleo, dallo sguardo sperduto e dalla bocca schiusa, sembrerebbe presente la volontà di ricordare l'effettiva scomparsa del congiunto. |